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On. Massimo D’Alema
Ministro per gli Affari Esteri
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relazioni.pubblico@esteri.it


                                                                                                                                                                                                                  30 maggio 2007

Egregio Massimo D’Alema,

Oggetto: Il caso di un obiettore di coscienza turco discusso alla prossima riunione del Consiglio d’Europa

Le scriviamo nella sua qualità di rappresentante dell’Italia nel Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa (CdE).  Sappiamo che l’ordine del giorno della prossima riunione dei Deputies il 5-6 giugno comprende il caso di Osman Murat Ülke (39437/98), un obiettore di coscienza turco che ha vinto la sua causa nel Tribunale Europeo per i Diritti Umani (TEDU). 

Il 24 gennaio 2006 il TEDU, con decisione unanime, ha dichiarato che la Turchia ha violato l’Art. 3 della Convenzione Europea sui Diritti Umani (proibizione di trattamento degradante).  Ai sensi dell’Art. 41 della Convenzione (giusta soddisfazione), il Tribunale ha assegnato al Sig. Ülke €10.000 per danni materiali e €1.000 per costi e spese, esortando la Turchia a introdurre una nuova legislazione sulla questione dell’obiezione di coscienza.

Vogliamo attirare la sua attenzione su alcuni passaggi della sentenza del TEDU http://www.echr.coe.int/Eng/Press/2006/Jan/Chamberjudgment%C3%9ClkevTurkey240106.htm che mettono in evidenza la posizione del Sig. Ülke.

 

“[Il Sig. Ülke] venne chiamato alle armi nell’agosto 1995, ma rifiutò di fare il servizio militare sulla base che aveva delle salde convinzioni pacifiste, e bruciò la sua cartolina in pubblico a una conferenza stampa.  Il 28 gennaio 1997 il tribunale del comando militare ad Ankara lo condannò a sei mesi di prigione e a una multa.  Notando inoltre che il Sig. Ülke era un disertore, il tribunale ordinò alla pubblica accusa militare del tribunale del comando di arruolarlo. 
 
”Il 22 novembre 1996 l’attore [il Sig. Ülke] venne trasferito al 9° reggimento di stanza al comando della gendarmeria di Bilecik.  Lì il Sig. Ülke si rifiutò di indossare la divisa.  Tra il marzo 1997 e in novembre 1998 l’attore fu condannato in otto occasioni per ‘disobbedianza persistente’ per il suo rifiuto di indossare la divisa.  Durante quel periodo venne anche condannato due volte per diserzione perché non era ritornato al suo reggimento. 
 
”In totale, come risultato delle succitate condanne, l’attore è stato incarcerato per 701 giorni.  È ricercato dalle forze dell’ordine per l’esecuzione del resto della sua condanna e al momento si trova in clandestinità.  Ha abbandonato tutte le forme di attività associativa e politica.  Non ha un 
indirizzo ufficiale e ha interrotto tutti i contatti con le autorità amministrative.

 

“La vita clandestina, equivalente quasi a una ‘morte civile’, che l’attore è stato costretto ad adottare [è] incompatibile con il regime di sanzioni in una società democratica. 

 

“Ha dovuto vivere il resto della sua vita con il rischio di essere mandato in prigione se insisteva a rifiutare di fare il servizio militare obbligatorio”

La Turchia non obbedisce alla sentenza del TEDU

Tuttavia, la più recente riunione dei Deputies (992° riunione DH – 4 aprile 2007, Sezione 4.2) sottolineava:

“I Deputies,

“1. hanno di nuovo deplorato che nessuna disposizione individuale sia stata ancora presa dalle autorità turche per porre fine alla violazione riscontrata dal Tribunale, dato che l’attore è ancora ricercato dalle forze dell’ordine per arrestarlo e porre ad effetto la sua condanna;

“2. sono spiacenti che non sia stata fornita alcuna informazione sulle misure generali prese o programmate per portare il quadro legale che governa la situazione di quelli che si rifiutano di fare il servizio militare sulla base di

convinzioni religiose o di coscienza in conformità con le disposizioni della Convenzione;  

3. hanno deciso di riprendere in considerazione questo problema alla loro 997° riunione (5-6 giugno 2007) (DH) e istruito il Segretariato a preparare una Risoluzione Transitoria in tempo per questa riunione”
https://wcd.coe.int/ViewDoc.jsp?id=1115721&BackColorInternet=9999CC&BackColorIntranet=FFBB55&BackColorLogged=FFAC75

Quello del Sig. Ülke’s non è un caso unico

 

Che la Turchia rispetti la Convenzione Europea sui Diritti Umani, di cui è Stato firmatario, è fondamentale per i casi individuali di obiettori di coscienza e per la situazione generale dell’obiezione di coscienza in Turchia e anche in altri paesi d’Europa. 

 

Nel 2005-2006 Mehmet Tarhan, un obiettore di coscienza curdo gay, venne processato e condannato due volte per lo stesso “reato” a un totale di quattro anni di carcere, dove venne ripetutamente picchiato, torturato, minacciato di essere soggetto a un esame anale forzato.  Dopo 11 mesi di prigione il Sig. Tarhan venne rilasciato nel marzo 2006, quando la Turchia si piegò davanti alla pressione congiunta di attivisti e Parlamentari Europei.  Il processo contro i suoi aggressori si deve ancora celebrare, ma il Sig. Tarhan potrebbe essere arrestato come disertore in

qualsiasi momento.  Nel frattempo il Sig. Tarhan vive nella stessa condizione di “morte civile” del Sig. Ülke.

 

Halil Savda, un altro obiettore di coscienza curdo, si trova attualmente in carcere in Turchia.  Il Sig. Savda è stato processato il 7 dicembre 2006, detenuto fino al 25 gennaio 2007, poi rilasciato dal carcere, poi riportato in caserma dove è stato arrestato di nuovo e accusato di “insubordinazione insistente” perché rifiuta di obbedire agli ordini.  Il 15 marzo 2007 il tribunale militare di Corlu lo ha condannato a 15 mesi e 15 giorni di carcere per i reati di diserzione e di insubordinazione.  Il 12 aprile lo stesso tribunale lo ha condannato ad altri sei mesi di carcere, portando il totale a 21 mesi e 15 giorni di carcere. 

 

Questo ciclo di arresto, detenzione, processo, “rilascio”, nuovo arresto, va contro qualsiasi nozione di giustizia naturale, e non si deve permettere alla Turchia di diventare il parametro per la violazione dei diritti umani in altri paesi in Europa.
 

Grecia

 

La Grecia tratta i suoi obiettori di coscienza quasi nello stesso modo e li fa costantemente vivere sotto la minaccia di arresto – la stessa “morte civile”, come il TEDU ha così efficacemente definito la vita degli obiettori di coscienza in Turchia.


Anche se la Grecia ha un servizio alternativo, si tratta di un servizio punitivo (23 mesi invece dei 12 del servizio militare) e non puramente civile (il Ministero della Difesa decide sulle domande e controlla il servizio alternativo).  Per di più in Grecia gli obiettori di coscienza che non fanno domanda per il servizio alternativo punitivo o fanno domanda e la loro domanda viene respinta, vengono regolarmente chiamati alle armi e ogni volta che si rifiutano di fare il servizio militare viene emessa contro di loro una nuova denuncia.  Questo viola l’Art. 14 Paragrafo 7 della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici che dice: “Nessuno deve essere soggetto a nuovo processo o punizione per un reato per cui è stato giudicato colpevole o innocente con sentenza definitiva, secondo le leggi e la procedura penale di ogni paese.”  Inoltre, il diritto all’obiezione di coscienza non viene riconosciuto a soldati di leva o professionali.

 

Questi sono alcuni casi indicativi:

 

Il 5 aprile 2004 Kyriakos Kapidis si è visto rifiutare la domanda di servizio civile alternativo.  Nel maggio 2004 è ricorso in appello al Consiglio di Stato contro il mancato accoglimento della sua domanda ed è in attesa della decisione.

 

Lazaros Petromelidis si è rifiutato di fare il servizio alternativo punitivo, ha ricevuto regolarmente la cartolina per il servizio militare ed è stato ripetutamente accusato di insubordinazione.  È stato incarcerato nel maggio del 1998, aprile 1999 e settembre 2002.
 

A Dimitris Sotiropoulos è stato ritirato il passaporto nel settembre 1993, e sono stati effettuati due tentativi di arrestarlo nel giugno e nell’agosto 1994.  Inoltre nel 2006 la polizia ha tentato di arrestarlo parecchie altre volte: il 10 marzo, 11 aprile e 15 settembre.

 

Giorgos Monastiriotis, che si è arruolato nella Marina greca con un contratto di cinque anni, si è rifiutato di seguire il suo reparto quando la fregata su cui prestava servizio venne mandata nel Golfo Persico nel maggio 2003.  Il Sig. Monastiriotis ha citato ragioni di coscienza e ha dato le sue dimissioni dalla Marina.  Nel settembre 2004 venne arrestato e condannato a 40 mesi di carcere per diserzione dal Tribunale Navale del Pireo.  Il Sig. Monastiriotis venne portato immediatamente in carcere e vi rimase per 22 giorni fino al suo temporaneo rilascio in attesa dell’udienza d’appello.  Nel gennaio 2005 il Sig. Monastiriotis venne di nuovo condannato dal Tribunale Navale del Pireo a cinque mesi con la condizionale per diserzione, una condanna che venne sospesa in attesa dell’appello.  Il 31 ottobre 2006 la Corte Militare d’Appello di Atene lo ha condannato a 24 mesi di carcere per diserzione, sospesi per tre anni.

 

Che cosa la invitiamo a fare
 

Le chiediamo di approfittare dell’occasione della riunione del 5-6 giugno per:

  • premere perché siano imposte le sanzioni più severe possibili  se la Turchia non rispetta la sentenza del TEDU del 24 gennaio 2006
  • faccia sentire la sua voce contro il trattamento inumano degli obiettori di coscienza, dovunque si trovino.

 

Siamo pronti ad incontrare lei o qualsiasi membro del suo staff per chiarire qualsiasi punto lei possa voler discutere.

 

Tutti sappiamo che gli obiettori di coscienza rappresentano la cima di un immenso iceberg internazionale anti-militaristico: in Turchia 500.000 persone evitano la leva, in Russia solo l’11% degli uomini soggetti al servizio militare lo fanno effettivamente.  Nessuno sa quanti uomini (e donne) nel paesi del Sud del mondo rifiutano il servizio militare.  Molti finiscono come immigrati “illegali” e richiedenti asilo in Italia e nel resto d’Europa.

 

Crediamo sia dovere dei politici eletti, anzi di tutti gli esseri umani, di affermare il diritto fondamentale a non uccidere, torturare e stuprare per gli eserciti in tutto il mondo.  Rifiutarsi di uccidere non è un delitto.

 

Distinti saluti,

 

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